giu82015
Negli ultimi anni questo tipo di disegno sperimentale, non facile da implementare e i cui risultati possono essere impropriamente interpretati, è stato ampiamente utilizzato soprattutto per dimostrare come un nuovo trattamento sia "equivalente" al trattamento standard anche se può presentare un'efficacia "di poco" inferiore, dove "di poco" inferiore indica un margine di inferiorità non clinicamente rilevante. Ad esempio, nel caso di una terapia antiipertensiva con un nuovo farmaco si può accettare che esso sia inferiore allo standard di confronto se il limite di non-inferiorità è superiore/uguale a -2 mmHg; cioè si accetta che il nuovo trattamento possa essere equivalente allo standard anche se produce un effetto antiipertensivo inferiore di 2 mmHg, effetto giudicato dalla pratica clinica non rilevante.Nella maggior parte di questi studi all'obiettivo di non-inferiorità era associata la dimostrazione di una maggior sicurezza rispetto al trattamento di confronto (esempio, un'incidenza minore di effetti collaterali) o permetteva una maggiore maneggevolezza nella sua somministrazione, un aumento dell'aderenza del paziente all'assunzione della terapia (maggiore compliance).In sostanza, se da un lato è eticamente criticabile che venga immesso sul mercato un prodotto equivalente a uno o più esistenti, dall'altro questo diviene accettabile se il plus si può collocare su aspetti "secondari", ma non meno rilevanti, quali un aumento della sicurezza o una maggiore aderenza alla terapia.Fatta questa premessa, vediamo quali sono i punti essenziali che devono essere considerati nella costruzione di uno studio di non-inferiorità. Tutti questi punti devono essere adeguatamente descritti nel protocollo e, dove necessario, si devono motivare le scelte sostenendole anche con dati di letteratura. Scelta del trattamento di riferimentoCome già anticipato, il trattamento di riferimento deve rappresentare il meglio della conoscenza terapeutica accettata dalla comunità scientifica. Questo implica che sia stata ampiamente comprovata l'efficacia del trattamento standard attraverso studi randomizzati, in doppio cieco, controllati e che abbiano coinvolto un numero adeguato di pazienti. Tuttavia, in alcune situazioni la scelta del Gold standard non è sempre facile perché, in uno studio multicentrico e multinazionale, le comunità scientifiche coinvolte possono avere Gold standard diversi essendo correlati a differenti approcci metodologici nella terapia della patologia oggetto dello studio. Queste differenze si possono, inoltre, ripercuotere sulla scelta della variabile primaria utilizzata come indice di efficacia terapeutica. Scelta del limite di non inferiorità È il punto più critico perché le sue ricadute sono molteplici: numerosità del campione, sostenibilità del fatto che la differenza scelta non ha in alcun modo rilevanza dal punto di vista clinico, cioè non è causa di inefficienza terapeutica del trattamento e, infine, condiziona l'interpretazione del risultato dello studio. Come riportato nelle linee guida, il limite di non-inferiorità deve provenire da una solida informazione reperibile in letteratura o da dati proprietari; le caratteristiche della popolazione che hanno generato questi dati deve essere similare a quella utilizzata nello studio pianificato; i dati non devono essere temporalmente troppo antecedenti rispetto al tempo attuale della nuova sperimentazione per non essere affetti da bias legati a cambiamenti procedurali nella gestione del paziente (cambiamenti nella sensibilità diagnostica, cambiamenti nelle procedure trattamento e verifica dei cambiamenti dello stato di salute ecc.). Qualora ci si trovasse in condizioni particolari, il disegno dello studio dovrebbe essere tale da considerare un approccio a tre vie, cioè basato prima sul confronto tra i due trattamenti attivi (nuovo e riferimento standard) verso il placebo per confermarne la superiorità e poi il confronto della non-inferiorità tra nuovo e standard di riferimento. Come regola generale, la scelta del limite di non-inferiorità deve essere il più asettica possibile evitando che la soggettività dello sperimentatore la condizioni. Calcolo della numerosità del campione sperimentaleCome in tutti gli studi clinici, la numerosità del campione deve essere giustificata. Non è etico esporre un numero inadeguato di soggetti ad un rischio, che pur sempre esiste, se questo numero non è in grado di soddisfare le condizioni statistiche minime per dimostrare l'ipotesi formulata nel protocollo. Contrariamente a quanto molti sperimentatori si aspettano, la numerosità del campione di uno studio di non-inferiorità non sempre è trascurabile. Infatti, essa è condizionata da quanto ampio è il margine di non-inferiorità: più è piccolo più alta è la numerosità. Quindi la scelta di questo margine, che deve essere coerente con la logica clinica, è il fattore chiave nel determinare l'ampiezza del numero di pazienti da includere nello studio. Nel lavoro di Steve A. Julious (Tutorial in Biostatistics: Sample size for clinical trials. Statistica in Medicine 2004, 23:1921-1986) sono riportate alcune formule per il calcolo della numerosità di uno studio clinico in vari modelli tra cui quello concernente gli studi di non-inferiorità. Popolazione analizzataNormalmente negli studi l'analisi primaria è condotta sulla popolazione di pazienti che viene definita come Itt (Intent to treat) o Fas (Full analysis set) che comprende tutti i pazienti randomizzati nello studio e che abbiano almeno assunto una dose dei trattamenti in studio (o degli interventi sperimentali) indipendentemente dal trattamento attuale assunto (questa affermazione indica che l'accorpamento nei vari gruppi di trattamento dei pazienti avviene non sulla base del reale trattamento assunto ma sulla base della lista di randomizzazione generata prima dell'inizio dello studio stesso). Questo sottogruppo di pazienti vuole essere rappresentativo della realtà clinica, dove i pazienti spesso possono non osservare alla lettera le istruzioni e le procedure che il clinico richiede durante il periodo di assunzione del trattamento. È quindi implicito che alcuni pazienti presenteranno delle deviazioni, come non rispettare la posologia e la tempistica dell'assunzione del trattamento, nel caso di somministrazioni multiple, non rispondere pienamente ai criteri di assunzione di terapie concomitanti e ai criteri di selezione del campione, e altri ancora. Se questo modello di analisi si può applicare agli studi di superiorità, negli studi di equivalenza e di non-inferiorità introduce una distorsione che potrebbe portare a una conclusione errata, come quella di affermare che il trattamento in studio non è non-inferiore al confronto. Questo effetto è determinato dal fatto che la variabilità dell'informazione sul parametro primario dello studio maschera le reali differenze tra i due trattamenti. Al contrario la popolazione che si definisce Per Protocol (Pp) è quella che preserverebbe l'analisi e l'interpretazione dei risultati dalle distorsioni precedentemente descritte. Infatti, per definizione la popolazione Pp raccoglie tutti i pazienti randomizzati ma esclude quelli che non hanno completato lo studio seguendo a pieno le procedure previste dal protocollo. In conclusione, l'analisi primaria in uno studio deve essere fatta sulla popolazione Pp; se ne deduce immediatamente che la numerosità campionaria deve essere aggiustata sulla base di possibili defezioni durante lo studio e il monitoraggio dello stesso deve avvenire in modo stretto perché non si abbia una perdita del numero di pazienti utili per l'analisi. Infatti, la numerosità che si calcola si riferisce al numero di pazienti che effettivamente devono essere valutati per raggiungere l'obiettivo dello studio. Scelta della popolazione in studioI criteri d'inclusione e di esclusione dei pazienti sono un altro punto rilevante. Infatti, essi condizionano la selezione del campione sperimentale, l'aderenza alle procedure sperimentali previste dal protocollo e l'estensività dei risultati alla popolazione di riferimento. Criteri troppo restrittivi non permettono solo la generalizzazione dei risultati alla popolazione ma implicano anche il fatto di una difficoltà di arruolamento dei pazienti con una ricaduta sui tempi di esecuzione dello studio. Con criteri che non tengono sotto controllo le terapie concomitanti che il paziente potrebbe assumere, anche se la randomizzazione dovrebbe bilanciare una serie di diversità, i risultati potrebbe essere distorti a causa di una loro diversa distribuzione tra i gruppi di trattamento (effetto che ricadrebbe anche su uno sbilanciamento sulla numerosità di gruppo nella popolazione Pp). Dal lato opposto, criteri troppo "lassi" sarebbero causa di risultati non veritieri sulla comparazione reali degli effetti dei trattamenti in studio, favorendo o sfavorendo, a seconda di quanto si ottiene dalla sperimentazione, il trattamento in studio.Consenso informatoÈ ben noto che prima che il paziente possa essere arruolato in uno studio debba esprimere il suo consenso alla partecipazione. Dare il consenso implica che lo sperimentatore abbia spiegato al paziente, in modo semplice e chiaro:• quali sono gli scopi della sperimentazione;• quali sono le procedure, invasive e non, alle quali si deve sottoporre;• quali sono i rischi nell'assunzione del nuovo trattamento e del trattamento di riferimento. Se in uno studio di superiorità può essere semplice per il paziente apprendere che assumere il nuovo trattamento può portare un vantaggio per la sua salute, nel caso di uno studio di non-inferiorità deve rendersi conto che il partecipare allo studio non comporta particolari vantaggi o svantaggi. Può correre il rischio che l'effetto terapeutico possa essere inferiore a ciò che si attenderebbe, ma avere il vantaggio di minori effetti indesiderati. La scelta del paziente di partecipare o no alla sperimentazione, non dipenderà solo da come lo sperimentatore spiegherà le varie implicazioni dello studio ma anche dalla tipologia della patologia cui il paziente è affetto; più una patologia è psicologicamente debilitante più il paziente potrebbe non essere disposto a sottoporsi ad un trattamento sperimentale che nello specifico caso degli studi di non-inferiorità non porterebbe ad un sostanziale miglioramento della terapia.ConclusioniNegli ultimi anni gli studi di non-inferiorità sono aumentati come numero e la maggior parte di essi sono stati utilizzati più a fini di marketing che a fini di ricerca con obiettivo di identificare vantaggi, sicurezza o costi, tra terapie fra loro similari.Sebbene la letteratura raccolga molti lavori che criticano l'uso di questo modello sperimentale, le autorità regolatorie hanno accettato i limiti e i rischi insiti negli studi di equivalenza e di non-inferiorità, redigendo delle linee guida che permettono di "costruire" solidamente il disegno dello studio, preservandolo nel contempo dai rischi di fornire risultati affetti da forti distorsioni. Questi studi sicuramente non dovrebbero essere applicati nell'ambito di patologie gravi esponendo, in modo non etico, i pazienti a terapie che potrebbero essere inferiori a quelle utilizzate come riferimenti. Questo implica che il modello di studio è poco adatto se viene applicato a nuovi trattamenti di cui si hanno conoscenze limitate: studi preliminari con un numero limitato di soggetti e informazioni limitate sulla efficacia del trattamento. Inoltre, se il trattamento di riferimento è "vecchio" e le informazioni disponibili non sono più aggiornate rispetto al momento del nuovo studio, occorre riverificarne l'efficacia rispetto alla situazione attuale. La difficoltà intrinseca del modello sperimentale e l'ambiguità con cui i risultati possono essere interpretati e "pubblicizzati" dovrebbero fungere da sistema regolatore moderandone il loro utilizzo. Ci si deve sempre ricordare che qualsiasi sperimentazione clinica deve per primo rispettare il paziente preservandolo dal correre inutili rischi di esposizione a un trattamento e per secondo essere strutturata in modo tale da fornire una valida indicazione sull'effetto del trattamento in studio, qualunque esso sia.Da tutto quello che è stato riferito in precedenza, si evince che gli studi di non-inferiorità sono utili se si devono confrontare farmaci con un'attività non inferiore ma che possono essere più adatti per il paziente rispetto ai farmaci attualmente presenti nel mercato farmaceutico, soprattutto se meglio tollerati o con effetti secondari notevolmente ridotti. Germano CoppiLibero professionistaLorenzo CottiniHigh Research s.r.l. MilanoGuido Fedele Biologo
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