ott222018
La ricerca, illustrata a Cremona nell'ambito della IX edizione del congresso MePAIE, ha analizzato i modelli di finanziamento, i livelli di performance e i meccanismi per l'approvvigionamento dei medicinali in ambito ospedaliero di Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito - i cinque Paesi più popolosi della Ce - e di Belgio, Polonia e Portogallo, scelti per le performance dei loro sistemi ospedalieri e per il grado di utilizzo di farmaci fuori brevetto - tra i quali generici e biosimilari - all'interno delle strutture.
Secondo i dati elaborati dall'Ufficio studi Assogenerici su dati IQVIA 2017, il mercato farmaceutico ospedaliero complessivo (esclusa la distribuzione diretta, in patent e off patent) è rappresentato da 983 mln di UMF (unità minime frazionabili, ovvero singola fiala, compressa eccetera), per un valore pari a 6,7 mld di euro ai prezzi ex-factory (6 miliardi nel 2016) - il prezzo massimo di cessione al SSN non ancora sottoposto allo sconto medio praticato in gara. Tenendo conto del "prezzo medio ponderato" il reale valore del mercato ospedaliero si attesta a complessivi 4,7 mld. In questo scenario, le aziende produttrici di generici equivalenti coprono circa il 33,3% del fabbisogno (era 32% nel 2016) per circa 330 mln di UMF l'anno, con una presenza incisiva in 4 classi terapeutiche (ATC): K1 (soluzioni infusionali), di cui le aziende di Assogenerici garantiscono il 99% a volumi (quota invariata nel 2017 vs 2016); J1 (antibiotici), con generici per il 72% a volumi (69% nel 2016); N2 (analgesici) dove i generici rappresentano il 42% dei volumi (41% nel 2016) e L1 (oncologici), con i generici per il 33% dei volumi (35% nel 2016).
Ma veniamo ai risultati della ricerca che interessano il nostro Paese. Le differenze di penetrazione dei generici nei mercati regionali attribuibili a fattori culturali sono molto Meno evidenti in ambito ospedaliero, ma anche questo percorso non è privo di ostacoli, a partire dalle procedure di gara condizionate da un meccanismo di aspetti non meno disincentivanti riguardano il criterio di aggiudicazione al massimo ribasso, che ha determinato negli anni una costante erosione dei prezzi e una sempre minore partecipazione alle gare da parte delle imprese con aumento dei lotti deserti e l'imposizione, a partire dal 2012, del pay back ospedaliero anche ai farmaci generici e biosimilari acquistati in gara.
Per incentivare l'utilizzo di queste tipologie di farmaci, giudicati cruciali per la sostenibilità dei singoli sistemi sanitari, ridurre il numero dei lotti deserti e promuovere una concorrenza sostenibile mediante il bilanciamento rischio e ricompensa, lo studio suggerisce una serie di misure: privilegiare il meccanismo dell'offerta economicamente più vantaggiosa per stimolare una concorrenza ormai carente in ambito ospedaliero; definire una quantità minima e massima per lotto; superare il meccanismo del pay back, per andare verso sistemi più idonei, ma ogni caso responsabilizzanti per gli attori del sistema; snellire le procedure di gara, alleggerendo i costi irrecuperabili a carico dei produttori di farmaci; prevedere la riapertura immediata della gara al primo ingresso sul mercato del generico o biosimilare e ottimizzare il prezzo base d'asta.
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